Le prigioni del cibo: l’Obesità Psicogena, quando il cibo diventa compensazione

Le prigioni del cibo: l’Obesità Psicogena, quando il cibo diventa compensazione

A tutti sarà capitato di concedersi un cucchiaino di Nutella o pezzetto di una torta buonissima per alleviare una giornata negativa o rincuorarci dopo un evento che ci ha fatto stressare, innervosire o intristire. Ricordate le caramelle che la nonna ci regalava se eravamo stati buoni? Una cena fuori per festeggiare un compleanno? Un bel gelato fresco in una calda giornata estiva? Il cibo è molto di più che il carburante che fisiologicamente alimenta il nostro organismo.

Nella nostra società, il cibo è un simbolo molto potente di gratificazione personale e sociale. Eppure non tutti si rapportano al cibo allo stesso modo; per alcune persone rappresenta un vero e proprio nemico per il quale si sviluppano forti sentimenti di ambivalenza.

Di norma, stare a dieta è un compito difficile che richiede impegno e disciplina ma, quando il cibo va ben oltre il suo ruolo di nutrimento, capita che si instaurino nell’individuo forme patologizzate di comportamenti alimentari. Quando qualcuno che ha molti chili in eccesso da smaltire, pur avendo tentato innumerevoli volte, non riesce a sostenere una dieta per un periodo ragionevolmente prolungato a causa del bisogno psicologico di cibo, è possibile che soffra di una forma psicogena di obesità.

L’Obesità Psicogena rientra fra i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) ed è sostenuta da fattori psicologici e non medici di natura metabolica, endocrina o genetica. È un problema poco conosciuto del quale non si parla spesso, come invece accade nel caso di altri DCA come l’Anoressia nervosa o la Bulimia nervosa, e spesso non è nemmeno riconosciuto come tale per la difficoltà che si riscontra ad associare i problemi legati all’obesità ad un adeguato equilibrio psicologico (mentre generalmente, al contrario, è più facile farlo davanti ad un eccessivo dimagrimento). Nell’Obesità Psicogena la persona sviluppa una dipendenza da cibo con modalità differenti rispetto alla bulimia. Infatti il soggetto obeso assume grandi quantità di cibo, scegliendolo con molta cura, non lo vomita e non ricorre a condotte riparatorie come estenuanti sessioni di palestra. Queste persone utilizzano il cibo come compensazione per far fronte a stati d’animo depressivi o ansiosi e più nello specifico, ad un significativo disagio psicologico. L’alimentazione è utilizzata per colmare un vuoto e trovare un sollievo, l’adipe costituisce una sorta di barriera che sembra proteggere dalle emozioni e nascondere dalla relazioni, ma è anche un tentativo di autodistruzione. La personalità dei soggetti affetti da Obesità Psicogena è tipicamente carente dal punto di vista dell’autostima inoltre mostrano molta difficoltà nel riconoscere ed entrare in contatto con le proprie emozioni. Ad esempio è tipico confondere l’ansia con la sensazione corporea della fame e questo porta la persona a cercare di raggiungere il senso di sazietà nel tentativo di sedare un’emozione che non viene riconosciuta per ciò che è. Queste modalità disfunzionali portano inesorabilmente ad accumulare molto peso e sono correlate ad una gamma di emozioni e stati d’animo molto differenti fra loro (senso di colpa, vergogna, rabbia, solitudine, senso di vuoto, paura) oltre che ad un’immagine di sé carente di aspetti positivi.

A livello inconscio, l’iperalimentazione nell’Obesità Psicogena assume una duplice valenza simbolica in quanto viene utilizzata per:

  • Costruire una sorta di “corazza” protettiva dell’Io, che possa contenere e proteggere la persona dalle aggressioni esterne, ma sotto alcuni aspetti anche per difendersi da se stesso, dalle emozioni negative e dai sentimenti di vuoto e disvalore. Si instaurano spesso impulsi autodistruttivi e punitivi che minano l’autostima e la motivazione a cambiare stile di vita.
  • L’accumulo di massa grassa può rappresentare una sorta di “ritenzione emotiva”: la persona “accumula” emozioni che non esperisce come tali o che non riesce a fronteggiare e ingrassa, nel tentativo disperato e inconsapevole di essere “visto”, notato, considerato, e questo aspetto affonda radici profondissime e antiche nel vissuto familiare e affettivo del soggetto.

L’Obesità Psicogena, come nel caso degli altri disturbi del comportamento alimentare necessita di un intervento multidisciplinare che prenda in considerazione sia gli aspetti medici che psicologici del problema. Trascurare l’importanza della psicoterapia è un grave errore, in quanto non si tratta solo della necessità di perdere peso e ristabilire la salute fisica ma aiutare la persona obesa a prendere contatto con le sue emozioni e imparare a distinguerle e viverle nel modo corretto, per quelle che sono, e non come sintomi fisici di malessere. E’ importante inoltre far fronte agli aspetti carenti dell’autostima e dell’immagine di sé per permettere alla persona di sviluppare nuove risorse e nuove consapevolezze per affrontare la vita in modo positivo.

 

 

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