Prima di amare un’altra persona, Ama Te Stesso

Prima di amare un’altra persona, Ama Te Stesso

Sempre più spesso tra le storie che ascolto ci sono persone che soffrono per amore, che si stanno riprendendo da una relazione che le ha devastate, che si convincono di avere qualcosa di sbagliato perché non riescono a trovare la persona giusta o che dipendono da un amore distruttivo che assomiglia ad una prigione. Visi, nomi, racconti differenti, lacrime dal sapore amaro ma di intensità diversa, uniti da un unico comune denominatore: la difficoltà a mettersi al centro del proprio mondo e sapersi amare come meritano e come necessitano. Amare se stessi non è una questione scontata come può sembrare. In un mondo in cui domina l’esigenza di stare in coppia, di sentirsi parte di una cultura che punta all’uniformità e in cui impera un narcisismo superficiale e dilagante che fa tendenza, come può inserirsi il diritto di amare e rispettare sé stessi?

 

AMORE E AUTOSTIMA

Amare sé stessi ha molto a che fare con un buon livello di autostima, ossia quel processo che mettiamo in atto quando valutiamo noi stessi e ci apprezziamo sulla base della percezione che abbiamo costruito di noi. Secondo alcune ricerche di psicologia sull’argomento, come per esempio quella di William James, si definisce l’autostima come il rapporto tra sé percepito e sé ideale, cioè il confronto tra l’immagine che ciascuno ha di sé creata sulla base delle caratteristiche che si pensa di avere o meno e l’immagine di ciò che vorrebbe essere a livello ideale. Maggiore è la discrepanza fra il “come siamo” e il “come vorremmo essere” tanto minore è il valore che attribuiamo a noi stessi.

Una scarsa autostima mette in seria difficoltà il compito di amare se stessi. Se una persona ha la tendenza a focalizzarsi sui difetti piuttosto che sulle risorse positive possedute, è possibile che cristallizzi la sua visione di sé sotto una luce negativa; questo tipo di pensieri porta più facilmente a tralasciare e dimenticare l’importanza di amare se stessi e coltivare l’esigenza di curare il proprio rapporto con se.

 

L’AMORE, PLATONE E L’ANIMA GEMELLA

Cosa succede quando una persona che ha difficoltà ad amare se stessa instaura una relazione affettiva? La frase “Ama il prossimo tuo come te stesso” da ampiamente per scontato il fatto che si sia capaci di amarsi. A peggiorare il tutto ci si è messo Platone inculcando, da tempi immemori, la spasmodica ricerca dell’anima gemella. Platone, nel Simposio, rielabora il mito greco degli ermafroditi, secondo cui all’origine dei tempi gli esseri umani non erano suddivisi per genere e ciascuno aveva quattro braccia, quattro gambe e due teste. Col tempo gli ermafroditi cominciarono ad essere insolenti nei confronti degli dei e questi, per punizione, li separarono in due parti con un fulmine, creando da ogni essere umano primordiale un uomo e una donna. Come conseguenza, ogni essere umano prova a ritrovare la propria iniziale completezza cercando la propria metà perduta.

Ma questo non è solo un mito, viviamo ancora convinti che per essere felici nella vita dobbiamo ricercare la soddisfazione in una relazione affettiva, e solo in questo modo possiamo trovare il sollievo di sentirci completi. Essere in coppia è addirittura diventata un’esigenza sociale. Alzi la mano chi, ad un pranzo di famiglia, non ha assistito (se non è stato il protagonista) di una conversazione del tipo “Beh e tu, alla tua età ancora non ti sei fidanzato/a?”; oppure “Perché sei ancora single, c’è qualche problema?”. La solitudine spaventa e il mondo intorno sottolinea l’urgenza di trovare un compagno con cui affrontare l’esistenza. Ma in questa smania dell’accoppiamento, c’è qualcuno che si domanda ancora dove si è cacciata l’anima gemella (e la cerca pure!).

Perché nessuno ci insegna ad amare per primi noi stessi in modo autentico e sano?

 

LE TRAPPOLE DEL NON AMARSI A SUFFICIENZA

Quando qualcuno che trova difficile amare se stesso instaura una relazione affettiva con un’altra persona, ci si immette automaticamente in un campo minato. Questa situazione, infatti, può farci cadere con facilità in alcune trappole generate dell’associazione tra i pensieri svalutanti su di se (consapevoli o non consapevoli, è ovvio) e ciò che il mettere in atto per stare in equilibrio all’interno della relazione.

  1. La trappola della Sottomissione: “Non merito il tuo amore”. È l’idea tipica di chi vede su di se troppi difetti e bruttezze ed è convinto di non meritare l’amore di una persona a cui attribuisce, al contrario, solo caratteristiche positive. Il rischio è quello di trovare un partner dominante (o più probabilmente narcisista) con poco rispetto per la scarsa autostima dell’altro, che trova terreno facile per soprusi e maltrattamenti in una dimensione di forte dipendenza affettiva. Una relazione di questo tipo non è equilibrata e anzi, molto pericolosa.
  2. La trappola della Delega: “Amami tu perché io sono incapace”. Avviene una vera e propria delega nei confronti del partner a portare avanti un processo che la persona è incapace di innescare. Anche in questo caso la relazione è fortemente in disequilibrio, in quanto può accadere che la persona ami il partner solo in funzione di quell’amore che sente ricevere (ti amo perché mi ami) perdendo l’autenticità di una relazione matura e affidando il destino della coppia in balia della vulnerabilità delle prime fase dell’innamoramento. La frustrazione di un meccanismo che non funziona è dietro l’angolo.
  3. La trappola del buco nero: “Nessuno mi ama quanto vorrei”. La difficoltà ad amare se stessi genera una sorta di “fame d’amore” che difficilmente riesce a saziarsi. La persona quindi può vivere relazioni intense (anche amicali, non per forza sentimentali) ma sentirsi sempre insoddisfatta, come se ci fosse un buco nero che assorbe tutto l’affetto o una membrana invisibile che impedisce a quel tipo di emozioni di arrivare a toccarla veramente.

 

TI AMO PERCHÉ MI AMO

Erich Fromm suggerisce che l’amore maturo, cioè quello più sano ed equilibrato, è una unione che mantiene intera l’identità dei due partner, cioè fa sì che due esseri diventino “uno” rimanendo “due”. Questo significa che all’interno di una relazione sana non può avvenire nessun tipo di fusione nel partner, né decentratura verso l’altro. Gli individui devono coltivare la relazione con l’altro nello stesso modo in cui curano quella con se stessi. Se troviamo difficile curare noi stessi, amarci, proteggerci e spronarci come potremo farlo con un’altra persona? Per amare in modo equilibrato un’altra persona è assolutamente necessario che prima di ogni altra cosa amiamo noi stessi nel modo giusto (quindi senza sfociare nel narcisismo o, al polo opposto, nella dipendenza da un’altra persona) e che diveniamo competenti nel ricalibrare sempre il nostro mondo su di noi con amore e generosità.

Qualunque situazione muta, anche affettiva, ma noi restiamo sempre e siamo la cosa più importante che possediamo.

 

 

Invia il tuo Commento