La gestione del fallimento
By: Silvia A. Matta
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La gestione del fallimento
“È impossibile vivere senza aver fallito in qualcosa,
a meno che non si viva così cautamente
da non vivere per nulla,
nel qual caso, il fallimento è implicito.”
– J. K. Rowling
Nella vita non sempre tutto va secondo i nostri piani: un esame che va male, una relazione che finisce, un errore, un’opportunità mancata. Il fallimento, malgrado sia un’esperienza dolorosa e negativa, fa parte della vita. È un momento essenziale di crescita che può insegnarci tanto su noi stessi e sulle nostre risorse interiori.
La via del successo è costellata di fallimenti
Insieme all’insuccesso c’è una grande opportunità per valutare diversamente la situazione, osservarla da altri punti di vista e pianificare nuove strategie di azione.
Molti personaggi noti, prima di raggiungere la fama, hanno in comune storie di fallimenti importanti e non è infrequente sentirli dichiarare che è grazie ad essi se hanno agito meglio fino ad arrivare al loro successo.
Un esempio dei giorni nostri è quello della grandissima scrittrice di Harry Potter, Joanne Rowling.
Prima del successo mondiale dei suoi libri, la sua vita non è stata semplice, ma non si è mai arresa. Dopo la fine del suo matrimonio, disoccupata, con una figlia piccola da mantenere, per qualche anno sopravvive a Edimburgo grazie ai sussidi statali. Questa situazione la porta a soffrire di depressione ed è convinta che nella sua vita non potrà mai accadere nulla buono. Eppure il suo sogno non muore. Anzi, mette tutti gli elementi difficili della sua vita nella stesura del suo libro e riesce a finire di scriverlo (i dissennatori sono una fantastica metafora della depressione!). Trova un agente letterario, che propone il suo romanzo a dodici editori diversi ma nessuno di essi è interessato alla storia del maghetto, finché un editore accetta il suo romanzo e lo pubblica. Il resto è una storia di successo senza eguali.
Con tutta la potenza della sua storia, nel 2006 J.K. Rowling ha tenuto un famoso discorso davanti ai laureandi dell’Università di Harvard in cui dice: “Non abbiate paura di fallire; imparate tutto ciò che potete dal fallimento”.
Questione di atteggiamento
Davanti al fallimento si possono avere generalmente due atteggiamenti: uno utile che viene usato come leva per fare meglio o apprendere dall’esperienza, e uno negativo che esternalizza le cause senza possibilità di farne esperienza o per confermare un’idea negativa di sé stessi.
Atteggiamenti negativi:
- Reazione bloccante. La persona reagisce al fallimento in maniera passiva come qualcosa di troppo grande rispetto alle proprie risorse interiori. La visione del fallimento è solo negativa e destabilizzante, quasi traumatica. La risposta quindi è il blocco e spesso l’evitamento come meccanismo per fuggire da situazioni simili.
- Delusione senza apprendimento. In questi casi la persona potrebbe aver sovrastimato l’aspettativa di successo innescando una reazione rigida e di grande delusione. Si ricercano le cause in fattori esterni (locus of control esterno, se vuoi approfondire l’argomento clicca qui) come la sfortuna, avere avuto una giornata storta, o ad altre persone coinvolte (come nel caso di un esame particolarmente difficile, il professore che ci ha bocciato troppo severo, a cui stavamo antipatici ecc.). Avviene quasi una sorta di negazione davanti al fallimento, che viene allontanato da sé, esternalizzato e non diventa un’occasione per comprendere in cosa e come si può agire meglio.
- Reazione di colpa. Rispetto alla propria performance, alcune persone potrebbero mettere in atto il classico schema di pensieri che genera “la profezia che si auto-avvera”, ossia una serie di pensieri che contemplano l’anticipazione di uno scenario negativo in cui il fallimento è già avvenuto (o avverrà sicuramente) e che attiva ansia e paura che interferiscono in modo significativo sul risultato. Dietro questo atteggiamento c’è un auto-sabotaggio in cui l’insuccesso viene visto come una conferma del proprio disvalore.
Atteggiamento positivo/ ottimale
- Apprendimento. In quest’ottica il fallimento viene relativizzato, non visto come un insuccesso ma come un apprendimento riguardo la situazione. È l’atteggiamento di Thomas Edison che dopo ogni fallimento diceva ai suoi collaboratori: “Bene, ora conosciamo un altro modo in cui non si costruisce una lampadina!”
- Utilizzazione. La reazione al fallimento è quella di trarne informazioni utili per capire quale sia la strategia migliore per ottenere un successo. Si valutano gli elementi che sono andati storti per migliorare al prossimo tentativo.
- Relativizzare. Per alcune persone il fallimento non esiste, esistono solo occasioni di crescita e di sperimentazione. I sentimenti a riguardo sono quelli della curiosità e della scoperta.
Dopo queste riflessioni, non significa che il fallimento debba essere privo di emozioni negative, anzi, è molto umano sentirsi delusi, arrabbiarsi o provare dolore, ma ciò che conta è l’impatto che il fallimento ha nella nostra vita. Non è possibile controllare quali eventi negativi ci capiteranno, tuttavia è possibile regolare come reagiremo ad essi.
Gestire il fallimento utilizzandolo
Ecco alcuni consigli con cui puoi usare l’insuccesso:
- Utilizza il fallimento per cambiare prospettiva
- Utilizza il fallimento per fare meglio la prossima volta
- Utilizza il fallimento per capire come reagisci agli eventi negativi ed essere più consapevole delle tue risposte emotive
- Utilizza il fallimento per non arrenderti ed essere perseverante
- Utilizza il fallimento per essere più forte