Déjà vu: il fenomemo del “gia’ vissuto”

Déjà vu: il fenomemo del “gia’ vissuto”
A molti di noi sarà capitato di trovarsi in un posto nuovo, in cui non si era mai stati prima e avere la strana (e spesso anche inquietante) sensazione di trovarsi in un luogo familiare, dove in un passato misterioso, o chissà, addirittura in un’altra vita, siamo già stati. Già, perché per quanto possa sembrarci una percezione bizzarra, la prima spiegazione che ci viene in mente è quella molto romantica ti aver avuto un ricordo a proposito una vita precedente. Ma questo fenomeno può succedere anche per situazioni quotidiane all’apparenza banali, o immediatamente dopo una conversazione con un amico, mentre chiediamo al panettiere di darci una rosetta in più, o mentre al semaforo guardiamo i passanti attraversare nell’attesa che diventi verde. Insomma, come un flash, il Déjà Vu ci coglie di sorpresa lasciandoci il dubbio su quanto è appena accaduto. Déjà Vu, deriva dal francese e significa letteralmente “Già Visto”; il termie fu coniato da Émile Boirac mentre revisionava un suo saggio scritto da studente all’Università di Chicago tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento.
In sostanza il déjà vu è un fenomeno psichico soggettivo che rientra nelle forme di alterazione dei ricordi, o in gergo più tecnico è una paramnesia: esso consiste nella sensazione erronea di aver già visto un’immagine o di aver già vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando. Negli ultimi anni, il déjà vu è stato oggetto di vari studi ed esperimenti psicologici e neuropsicologici. La spiegazione più accreditata è che il déjà vu non è un atto di “precognizione” o di “profezia”, ma è in realtà un’anomalia della memoria; è l’impressione di “richiamare alla memoria” un’esperienza che è falsa. Il déjà vu sembra essere un fenomeno molto comune, infatti il professor Alan S. Brown, psicologo alla Southern Methodist University e autore del libro del 2003 “The Déjà Vu Experience: Essays in Cognitive Psychology” (Psychology Press), stima che circa il 60% della popolazione generale abbia avuto almeno una esperienza di déjà vu, in maggiore frequenza sotto stress, e che la durata tipica di un episodio non supera qualche secondo. Ma nello specifico cos’è il déjà vu? Secondo Brown le teorie attuali sul déjà vu possono essere classificate in quattro sottogruppi:
- Teorie neurologiche: il déjà vu sarebbe il risultato di una breve disfunzione/interruzione del sistema nervoso, simile a quelle causate da un attacco epilettico. Questa idea trova supporto nella constatazione che i soggetti epilettici riferiscono spesso episodi di déjà vu prima di un attacco. I ricercatori hanno inoltre scoperto che il déjà vu può essere attivamente indotto stimolando elettricamente certe regioni del cervello.
Nel 2002 il medico austriaco Josef Spatt ha suggerito che il déjà vu possa esser causato da un breve e inappropriato attivarsi della corteccia paraippocampale, un area del cervello associata alla capacità di rilevare la familiarità. Mentre si sta osservando una scena nel presente si attiverebbe erroneamente questa porzione del cervello che le attribuirebbe “per sbaglio” alla registrazione dell’informazione le caratteristiche che normalmente accompagnano il richiamo di ricordo consapevole. - Teoria del processamento duale. Pierre Gloor spiegherebbe il deja-vu come una momentanea e rara (o, per i suoi studi su pazienti cronici, patologica) disattivazione del sistema di recupero della memoria – distinto e indipendente da un altro sistema amnestico di sensazione di familiarità, che rimane attivo e causa il fenomeno (“sto già vedendolo, so che l’ho già visto, ma non riesco a recuperarlo”).
- La teoria attenzionale: Una interruzione (un “black out” o un “reset”) nella continuità dell’attenzione causerebbe un riprocessamento dell’informazione. L’informazione in entrata sarebbe processata prima in maniera non cosciente, poi si verificherebbe una sorta di piccolo black out e immediatamente dopo l’informazione verrebbe riprocessata in maniera consapevole.
- Teorie amnestiche. All’interno del campo di attenzione ci sarebbe un elemento appartenente a un ricordo realmente memorizzato (e probabilmente avvenuto); questo elemento però, a causa di un errore di memoria non si riesce a richiamare e sarebbe sufficiente e questo generala sensazione di familiarità. Queste teorie sono le più romantiche e propongono che il déjà vu sia scatenato da qualcosa che abbiamo davvero visto o immaginato prima.