Attorno alla professione degli psicologi se ne sentono di tutti i colori. Il concetto diffuso che “sono esperti della mente umana” genera, in chi non se ne intende, un misto tra fascino, mistero e false credenze. Addirittura si arriva a creare dei veri e propri pregiudizi sulla professione che, di fatto, non fanno bene a nessuno: agli psicologi che vedono la loro professionalità costantemente svalutata e alle persone che invece avrebbero effettivamente la necessità di un intervento psicologico, per ripristinare il benessere nelle loro vite, che si sentono limitati nel chiedere questo tipo di aiuto. Così capita che a causa di questi pregiudizi chi avrebbe bisogno tenta di risolvere i propri problemi innescando dei pericolosi circoli viziosi seguendo strade che consolidano il problema o organizzando la propria vita intorno al problema stesso, senza risolverlo veramente.
Vediamo alcuni dei falsi miti:
Avere intorno delle amicizie o dei familiari di cui fidarsi e con cui poter condividere confidenze o momenti di difficoltà è estremamente utile e di supporto per la vita di chiunque di noi. Aprirsi con un amico infatti può aiutarci a chiarire dubbi, placare malesseri e farci sentire meglio. Tuttavia lo psicologo non è un amico. È un professionista che mette in campo le sue conoscenze tecniche e la sua formazione per aiutare le persone ad affrontare momenti di vita particolarmente difficili. Uno psicologo non dà consigli come farebbe un amico, non da un modello morale o ideologico a cui fare riferimento durante il suo lavoro. Rispettando il punto di vista dell’altro, i suoi vissuti, ideologie e credenze, mette a disposizione le sue conoscenze per costruire insieme un percorso che porti al benessere personale, familiare e sociale. Inoltre il rapporto che si crea con lo psicologo, fondato sulla fiducia, il rispetto e la professionalità genera la spinta al cambiamento della persona.
In un’epoca come la nostra in cui non si ha tempo (o meglio, pazienza) per niente e che ci predispone a scegliere la soluzione più sbrigativa e a cercare scappatoie facili e poco dispendiose, anche per ciò che riguarda il benessere psicofisico c’è la tendenza ad assumere farmaci con la pia illusione che sia sufficiente a migliorare la propria vita. Un atteggiamento simile in realtà è molto dannoso perché abbiamo letteralmente smesso di ascoltare i nostri bisogni più profondi e di stare in contatto con noi stessi. In realtà, ansia, depressione, fobie ecc. non sono altro che campanelli d’allarme che il nostro corpo (molto più sapiente della nostra testa spesso e volentieri) lancia, affinché la persona prenda consapevolezza che qualche questione della vita è in sospeso e andrebbe affrontata. In quest’ottica bloccare il sintomo con un farmaco appare una soluzione parziale e poco risolutiva. È come se alla nostra macchina si accendesse una spia luminosa rossa e invece che andare subito dal meccanico ci applicassimo sopra un bollino per non vederla.
Certo non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, in alcuni casi gli psicofarmaci sono molto utili e rappresentano un valido alleato per aiutare la persona a riacquistare un certo grado di equilibrio psicofisico, ma è altrettanto utile coadiuvare questo con un buon percorso psicologico
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L’idea di rivolgersi ad uno psicologo che difficilmente ha tra le sue esperienze di vita alcune problematiche particolarmente gravi o particolari (come uno stupro, il lutto di un figlio se lo psicologo non ha figli, un tumore ecc..) può rappresentare un blocco. Questo pregiudizio si basa sulla credenza che per essere veramente compresi e sentire la vicinanza di qualcuno (ed essere quindi aiutati) è necessario aver vissuto e sperimentato la situazione sulla propria pelle. Tuttavia la realtà è sempre relativa e soprattutto soggettiva: come il bicchiere che può essere visto dall’ottimista mezzo pieno e dal pessimista mezzo vuoto, la stessa situazione può essere vissuta da due persone diverse in modo del tutto opposto. Durante un percorso terapeutico, la persona che si rivolge allo psicologo è esperta dei suoi contenuti e della sua modalità di vivere il problema, mentre lo psicologo è esperto di metodo e tecniche, e unendo le forze è possibile intraprende le strategie per fronteggiare il problema.
Lo strumento principale di ogni percorso terapeutico è la parola. Attraverso la parola l’essere umano si esprime e comunica con un altro diverso da se stesso. Può capitare che chi è immerso in un problema perda i confini di ciò che sta affrontando e si trovi a sentirsi confuso, saturo e impotente. Questa situazione si crea a causa del fatto che si è soliti ripetere gli stessi modi messi in atto per risolvere un problema, quindi si perde la strada verso l’uscita dal labirinto. Ridefinire una situazione problematica, utilizzando altri termini o anche solo spiegarla e renderla comprensibile ad una persona che ha la competenza giusta per maneggiare argomenti delicati, ci spinge ad aprire la visuale con cui solitamente ci approcciamo alle difficoltà e ci porta a trovare nuove strategie per affrontarla. Lo psicologo non suggerisce come risolvere le questioni annose della nostra vita ma ci guida a sperimentare un cambiamento profondo che viene da dentro noi stessi. Inoltre è sbagliato pensare che durante un percorso terapeutico si parli e basta: a seconda dell’approccio del terapeuta, sia in seduta che nel tempo che intercorre tra una terapia e l’altra, alla persona è richiesta una collaborazione di tipo attivo e pratico; ad esempio l’approccio in cui mi sono formata io, ossia lo strategico integrato, si avvale di moltissimi compiti e prescrizioni che hanno lo scopo di far sperimentare alle persone qualcosa di utile per i cambiamenti che desiderano apportare nelle loro vite.
Una certezza è che la durata di una terapia solitamente varia da persona a persona e da situazione a situazione. Può accadere che alcune persone risolvano il proprio problema in appena 6 o 8 sedute, mentre per altri occorrono mesi se non anni. Sicuramente esistono diversi e molti approcci terapeutici e scuole di pensiero per i quali la durata di un percorso terapeutico può essere più o meno lunga. Ed è per questo fondamentale informarsi e scegliere una modalità terapeutica più conforme alla propria indole personale. Personalmente la mia formazione è di stampo breve, si tende a dare importanza a degli obiettivi stabiliti insieme al paziente e si cerca la via più efficace per raggiungerli. Se la persona che risolve il suo problema poi ha necessità di approfondire altre tematiche, si cambiano gli obiettivi e si continua a lavorare insieme
Questa è una frase che mi sento dire molto spesso. In generale possiamo affermare che le persone solitamente tendono a sottovalutare la propria salute psicologica, ma siamo proprio sicuri che il problema sia puramente economico? Sembra una domanda scontata ma in realtà molte persone sono restie a rivolgersi ad uno psicologo per tutta una serie di altri pregiudizi e paure che minano profondamente la motivazione, ed ecco allora che emergono tutte le difficoltà collaterali che si concretizzano nella più banale delle scuse, chiamando in causa il lato economico. Esiste un tariffario di riferimento a cui gli psicologi solitamente si attengono (anche se il D.L. 4/7/2006 n. 233 c.d. ‘Decreto Bersani’ ha abolito la tariffa minima, gli Ordini Professionali possono dare indicazioni sulle tariffe), che indica prezzi minimi e massimi per ogni prestazione. Nel caso di un colloquio di psicoterapia individuale il prezzo indicato varia da un minimo di 40 ad un massimo di 140 euro a seduta. Una questione molto importante è l’approccio del terapeuta che si va a scegliere, in quanto ci sono specializzazioni per cui la durata di un percorso può risultare più breve o più lunga. È importante porre molta attenzione e decidere di intraprendere una terapia con una forte motivazione che ottimizzi il tempo e quindi il denaro.
Niente di più falso! Se così fosse domineremmo il mondo! Chi si occupa di psicologia è semplicemente abituato a prestare attenzione ai gesti, al movimento del corpo, al tono della voce, e queste informazioni, unite a ciò che le persone dicono e all’empatia, ci aiutano ad ottenere una comprensione maggiore degli altri.
Uno dei motivi per cui la psicologia è vista spesso con sospetto è il pensiero che per alcune persone sia impossibile cambiare e continuano a ripetersi “sono fatto così, che ci posso fare?”, “è il mio carattere”, “sono sempre stato così”, “è impossibile cambiare” e di conseguenza non avviene nessun tentativo concreto di cambiare davvero. A parte la svalutazione verso un apertura concreta in direzione di un’inversione di marcia alla propria vita, questi sono pensieri che si portano appresso una buona dose di “impotenza”, la persona delega la propria volontà a qualcosa di vago, indefinito, che è impossibile riuscire a controllare e al quale è impossibile rimediare.
Se una persona è veramente intenzionata a mettersi in gioco con la giusta motivazione e fiducia verso un percorso terapeutico mirato, questi ostacoli di autosabotaggio verso il cambiamento vengono presto rimossi e la persona può finalmente sperimentare un vivere più soddisfacente.
Sul muro della mia facoltà universitaria di psicologia qualcuno aveva scritto con una bomboletta spray “I Matti Siete Voi”. Forse si riferiva alla scelta ardita di investire così tanti anni nella formazione fino a diventare psicoterapeuta (10 anni nel migliore dei casi), oppure a qualcos’altro, fatto sta che mi ha sempre dato da pensare. È probabile che scegliere di diventare uno psicologo nasconda una certa attitudine alla comprensione altrui che scaturisce da vissuti personali di dolore e sofferenza. I migliori psicoterapeuti che io abbia mai conosciuto e che stimo infinitamente per la loro professionalità e bravura si portano addosso le cicatrici di vite al limite del dramma che hanno avuto la forza di trasformare in energia positiva. Tutto il dolore che la vita insegna lo riutilizzano costantemente nella vicinanza emotiva e come esempio di forza e saggezza per i loro pazienti. Tra l’altro non tutti sono a conoscenza del fatto che chi sceglie di diventare psicoterapeuta è moralmente obbligato ad intraprendere a sua volta lunghi anni di psicoterapia che li aiuta a restare in equilibrio e a incassare i duri colpi dei pesi emozionali che spesso i propri pazienti gli consegnano con i loro vissuti e le loro storie.
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